Filmografia Mongolia

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I DUE CAVALLI DI GENGIS KHAN*** (Germania-Mongolia 2009, regia di Byambasuren Davaa) la cantante Urna promette alla nonna in fin di vita di portarle il manico a testa di cavallo del morin khuur (il violino mongolo) dove sono incise le parole della canzone Chingisiyn Hoyor Zagal, che danno il titolo anche al film. Comincia una ricerca tormentata nei segreti della Mongolia  
Rosalba Barbé (mongolia.it): La necessità di far rinascere l’antica magia di una cultura che si sta perdendo

filmtempeste

 

TEMPESTE SULL’ASIA**** (Urss 1928, regia di V. I. Pudovkin): film epico ambientato nel deserto del Gobi nel 1920. Un cacciatore mongolo, reincarnazione di Gengis Khan, lotta eroicamente contro le ingiustizie degli invasori. Splendida fotografia bianco e nero, eccellenti attori e paesaggi maestosi con indimenticabile bufera di sabbia nel Gobi. Guarda la fine del film
Paolo Mereghetti: Un film epico-lirico tanto discontinuo nella regia quanto appassionante nelle singole sequenze

 

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DESTINAZIONE MONGOLIA*** (Usa 1953, regia di Robert Wise con Richard Widmark): esordio in technicolor per Wise che ambienta nel deserto del Gobi un’improbabile storia della Seconda Guerra Mondiale. Il protagonista è un meteorologo dell’esercito statunitense che si allea con una comunità di mongoli per fare fronte comune contro i giapponesi. Divertente.
Paolo Mereghetti: Wise si basa su fatti realmente accaduti, ma li priva della consueta enfasi epica

 

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MONGOL*** (Kazakistan-Russia-Germania 2007, regia di Sergej Bodrov): ricostruzione sontuosa e attenta della vita di Gengis Khan, attraverso sofferenze e trionfi. Candidato all’Oscar 2008 come miglior film straniero (Bodrov lo aveva già vinto con “Il prigioniero del Caucaso”), ha un impatto cinematografico straordinario con scene estremamente realistiche. Guarda il trailer
Paolo Mereghetti: Grandi paesaggi, grandi passioni (e bei costumi), ma che fatica a non trasmettere l’enfasi epica

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 HYAZGAR*** (Francia-Corea 2007, regia di Zhang Lou): per bloccare l’avanzata del deserto e far fronte alla solitudine dopo l’abbandono della moglie, il mongolo Hangai decide di piantare nella sabbia alberi estirpati dalla tempesta. Al romantico progetto collabora una rifugiata coreana col figlio. Meno fortunato del “Matrimonio di Tuya” ma altrettanto suggestivo. Guarda il trailer
Salvatore Trapasi (Il Giornale): Un altro bel film dalle steppe mongole

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DERSU UZALA***** (Russia-Giappone 1975 regia di Akira Kurosawa): di mongolo c’è l’ambientazione in una non precisata taiga e c’è l’attore protagonista, il musicologo mongolo Munzuk prestato al cinema per questa meravigliosa pellicola di Kurosava, tratta dal romanzo del cartografo russo Arsenev che descrive la sua profonda amicizia con Dersu Uzala. Guarda il trailer
Paolo Mereghetti: Semplice ed emozionante, come solo i capolavori sanno essere

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 KHADAK*** (Belgio 2006, regia di Peter Brosens e Jessica Woodworth): è la storia di un giovane pastore mongolo che ha la capacità di sentire gli animali a distanze lontanissime. È destinato a diventare sciamano, dopo essere stato costretto insieme a tutti gli abitanti del villaggio a trasferirsi in una città mineraria per essere impiegati negli scavi. Guarda il trailer
Elisa Giulidori: Si apre come una favola, a sottolineare il sapore esotico e fantastico che la Mongolia ha per noi occidentali

filmtuya

 IL MATRIMONIO DI TUYA*** (Cina 2006, regia di Wang Quanan, con Yu Nan): la vicenda in verità si svolge nella Mongolia interna, quella cinese, ma i profondi temi toccati sono quelli assoluti del contrasto fra modernità e tradizioni. Una giovane donna vive con il marito paralizzato e due figli. Cercherà un nuovo sposo che la aiuti a prendersi cura della famiglia. Guarda il trailer
Morando Morandini:
Ha due virtù: la leggerezza del tocco anche nei momenti più gravi e l’affetto per i personaggi

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 IO E IL VENTO***** (Francia 1988, regia di Joris Ivens): è il film-testamento del novantenne regista olandese Ivens, sublime documentarista. Decide di piazzarsi nel mezzo del deserto mongolo per filmare… il vento. Un’opera di lirismo straordinario, che emana pace interiore ma anche gioia e libertà, che solo il territorio della Mongolia sa offrire. Guarda la prima parte del film
Paolo Mereghetti: Un’avventura visiva di estrema libertà e ricchezza

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 IL CANE GIALLO DELLA MONGOLIA*** (Germania 2005, regia di Byambasuren Davaa): nuovo commovente capitolo proposto dalla regista mongola, dopo “il cammello che piange”: una bimba trova un cagnolino in una grotta e lo tiene, contro il volere del padre che teme possa attrarre i lupi. Quando il cane salverà il fratellino dagli avvoltoi sarà il benvenuto. Guarda il trailer
Marco Massaccesi:
Byambarusen Davaa riesce ad ammaliare lo spettatore fino all’ultimo fotogramma

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 MONGOLIAN PING PONG*** (Cina 2004, regia di Ning Hao): una pallina da ping pong fa da detonatore a una storia sognante sospesa tra Mongolia e Cina. Tra bambini, saggi lama e cavalli al galoppo, il vero protagonista è il paesaggio mongolo. Richiama il film “The Gods must be crazy” dove una coca cola piovuta da un aereo genera caos fra i boscimani. Guarda il trailer
Rita Ferrauto: Più un invito al viaggio che un film vero e proprio

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LA STORIA DEL CAMMELLO CHE PIANGE**** (Germania-Mongolia 2003, regia di Byambasuren Davaa e Luigi Falorni): nel deserto del Gobi una cammella ripudia il cucciolo nato albino. Una comunità di nomadi mongoli la convincerà con la musica a ricomporre la famiglia. Splendido spaccato di vita della steppa, grande successo internazionale. Guarda il trailer
Paolo Mereghetti: Un riuscito e originale esempio di “documento narrativo” a doppio binario, zoologico e antropologico

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 STATE OF DOGS*** (Belgio-Mongolia 1998, regia di Peter Brosens e Dorjkhndyn Turmunkh): il cane Basaar viene ucciso da un cacciatore alla periferia di Ulaanbaatar. Il suo destino è di reincarnarsi in un uomo ma lui si rifiuta. Intanto cerca di proteggere una giovane donna da un pericolo catastrofico. Produzione belga-mongola con Brosens che girerà Khadak otto anni dopo.
Cinemambiente:
State of Dogs è una parabola su un cane randagio mongolo che non vuole diventare uomo

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MOLOM*** (Francia 1997, regia di Marie Jaoul De Poncheville): girato a Ulaanbaatar e nei territori siberiani, è la storia suggestiva di un uomo che diventa una sorta di sciamano, punto d’incontro fra uomini e dei. Cercherà di dare aiuto e protezione alle persone che incontra, ma non potrà fare nulla per il proprio destino. 
Mary Ann Brussat: Un capolavoro spirituale, uno di quei film che ti sa trascinare in luoghi remoti togliendoti il fiato

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JOHANNA D’ARC OF MONGOLIA*** (Francia-Germania 1988, regia di Ulrike Ottinger con Ines Sastre): visionario manifesto del cinema femminista. Un gruppo di amazzoni mongole blocca il treno della Transmongolica e prende in ostaggio sette donne europee. Dopo l’iniziale disorientamento, le occidentali si adegueranno con gioia allo stile di vita delle steppe.
Sheila Benson (LA Times): Sofisticato, misterioso e delirantemente meraviglioso

 

 

 

 LA FILMOGRAFIA E’ TRATTA DAL SITO MONGOLIA.IT dove è possibile trovare tantissime altre informazioni sulla Mongolia e sulle sue tradizioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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