L’Africanizzazione

Cos’e? L’ennesimo effetto del buco dell’ozono? Una nuova corrente culturale? Un libro di cucina etnica? Una maliattia? No, nulla di tutto questo, Io so cos’e’ l’Africanizzazione per me, ovvero l’insieme di alcune componenti che danno vita a questa storia.
Un’idea, una moto da Rally che corre tra le sabbie di qualche deserto Africano.
I protagonisti, un uomo sui trent’anni, probabilmente malato di mente; Io, e una moto, lei, un’ Africa Twin RD03 del 1988 con chissa quanti chilometri alle spalle, chissa quante esperienze, chissa quanti cuori infranti. Chissa quanta strada avrebbe potuto ancora percorrere prima che quest’ idea mi passasse per la testa.
Il regista di questa malsana storia potrebbe essere il grande Salvador Dali, capace di congiungere in maniera surreale filosofie apparentemente inavvicinabili.
Si, ci vorrebbe Salvador, che attraverso percorsi lungimiranti, quasi pazzeschi, pieni di doppi sensi e di riferimenti storici con le sue opere ti porta a vedere oltre i normali canoni di “normalita’”.
Un pazzo? Forse. E quasi mi sentivo pazzo pure io quando mi rendo conto che stavo per scrivere questa storia.

E’ una mattina di inizio settembre.
Mi spacca i timpani il rumore pungente e maledetto del cellulare che suona la sveglia.
Apro gli occhi e mi rendo conto che non e’ sabato. Cazzo, e’ forse martedi’ o mercoledi’, bisogna andare a lavorare.
Scaravento il pugno sul nokia e impreco verso il Finlandese che non ha reso impostabile la quantita di minuti tra una rintronata e l’altra.
Sono costretto ad alzarmi, al mio fianco una mappa, quella della Tunisia, pese che visitero’ per la quarta volta a fine ottobre assieme agli amici. Quella vecchia carta Michelin ormai e’ un papiro da macello, spiegazzata, malpiegata, consunta, e con qualche macchia di cous cous, ma le voglio bene, non la butterei mai.
Le mappe si amano, non si buttano. Le mappe son belle anche per questo, dopo che le hai usate portano i segni della vacanza. Questa che ora potrebbe essere scambiata come una pergamena indicante il percorso per il tesoro di qualche pirata, di trasferte ha fatte tre.
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La mappa


Questo vuol dire tre studi di itinerario, centinaia di orientamenti sul posto. Migliaia di commenti post viaggio. Centinaia di migliaia di errori. Mentre la guardo un flashback mi colpisce come un’incudine piovuta dal cielo :

Sono in Africa. Caldo bastardo, sabbia sulla lingua, negli occhi, nel naso, dapertutto.
Nell’aria quel tipico odor d’Africa che non ho mai capito se sia il connubio tra agnello e benzina o semplicemente una mia malattia mentale. Sono in viaggio sulla mia Twin, intento a leggere il GPS e a confrontarlo con i dati letti nel roadbook. Il roadbook scorre elettricamente, silenzioso e preciso grazie alla pressione di un piccolo tasto alla mia sinistra. Una carena alta protegge la strumentazione digitale.
La velocita’ di crociera sulle dune e’ quella del vincitore dell’ultima edizione della Parigi Dakar.
La marmitta spara al cielo il rombo del bicilindrico giapponese, ma non quello classico della mia moto. Quello che sento e’ il canto della moto che vedo plasmarsi come un quadro surrealista davanti ai miei occhi. E’ un’Africa, e’ la mia Honda, ma questo e’ vero solo per quel che riguarda il telaio, le ruote. Il resto e’ arte, e’ la modifica che Dali’ ha plasmato sulla mia moto.
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I lavori..

Inquadro il serbatoio di quel capolavoro, vedo una mappa. E’ legata con un ragno, metto a fuoco, ci vedo delle mani. Sono le mie, ora e’ tutto annebbiato, il rombo si diffonde, si allontana. Al suo posto comprare il rumore di citta’, un po’ come quello che si sente dal balcone di casa mia.
Anzi’, questo e’, il rumore del balcone di casa mia. La mappa legata sul serbatoio con un ragno diventa improvvisamente la mappa che c’e’ sul mio letto.
Io non ho un roadbook, non ho un pulsante che lo faccia scorrere. Mi sono appena svegliato, ma non so come mai mi pare d’aver la sabbia Tunisina sotto al sedere.
Mi lavo la faccia, non posso resistere a lungo nel limbo tra realta’ e sogno come sono in questo momento.

Improvvisamente ho il copione di questa storia in mente, lo mettero’ in scena. Il copione sembra scritto da Dali’ in persona. Temo che lui non potra’ dirigere le riprese, ma lo faro’ io, come se fosse opera sua.
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la costruzione del telaio

Inizia l’operazione Africanizzazione, budget per l’impresa : limitato. O meglio, qui corro il rischio di spendere piu’ soldi per Africanizzare la moto di quanti ne abbia spesi per comprarla.
Diciamo che la cifra giusta per far andare in scena il sogno, tramutandolo da finzione a realta’, e’ all’incirca il suo prezzo d’acquisto.

Si, la cifra giusta sono millecinquecento euro. Diciamo che e’ la soglia oltre la quale avrei dimostrato che Dali’ era un pazzo. Voglio avere un capro espiatorio.

Ora bisogna muoversi con la ricerca dei pezzi. Il sogno e’ di poco fa, di questa mattina, ma la scimmia Africana mi frulla per la testa con la sua trombetta e il suo tamburo da tempo. So gia’ dove andare a pescare un po’ di informazioni.
C’e’ il forum dell’Africa Twin Club, c’e’ il grande gpmucci che con le sue modifiche da urlo mi sara’ sicuramente d’aiuto. D’altronde se c’ho gli incubi di notte e’ pure colpa sua, mi deve aiutare per forza. Sarebbe omissione di soccorso se non lo facesse.
C’e’ il sito di Africanqueens, quello della Touratech per non parlare di quello di Boano, praticamente delle gioiellerie per i possessori di vecchie e consunte Africa Twin.
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Sara’ un bel film???

Ci sono poi tanti pazzi in giro per la rete che producono pezzi per la mia vecchietta. Come quello di Motobau. Una manna caduta dal cielo.
In quattro e quattr’otto ho gia’ trovato forcelle, piastre, cerchio e pinza del freno. Insomma sono gia’ a meta’ dell’opera. Su vari mercatini dell’usato trovo il resto. La carena Africanqueens gia’ verniciata e il telaietto. Vado a prenderli una sera nei dintorni di varese da un ragazzo del Forum @.
Quando mi vede arrivare con al moto e’ sbalordito : “ma dove la carichi sta roba? Ti ci sta?”. Io preso dalla scimmia del tuner di Africa : “ certo che mi ci sta, ci deve stare. “ E ci sta.

Mi manca la strumentazione, quella e’ la cosa piu’ difficile. Innanzitutto mi trovo nell’indecisione piu’ assoluta.
Mi si pongono dubbi Amletici. ICO, IMO, MD, o RB-TT che cazz, di strumentazz agghio a montazz. Scarico mezzo scibile di google in merito ai cockpit di moto da Rally, queste sembrano montare praticamente sempre l’accoppiata MD/ICO. Telefono all’importatore, chiedo il prezzo. Metto giu’.
Per comprare quella roba mi serve al meta’ del budget che mi sono prefissato. Costa come l’oro, ma oro non e’ zio kannone.
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Una scena durante le riprese

Mi deciso per la roba Touratech, sembra costare un po’ meno ma usato non si trova manco qualcosa fatto di legno.
E’ passata una settimana, ho le forcelle e il cerchio in arrivo dalla Germania. Ma la strumentazio latita. Non mi va giu’ di acquistarla nuova, arriverei in un battibaleno al raggiungimento della soglia off-limit. Millecinquecento neuri di ferraglia.
E se poi non riesco a montare nulla? Mi comincia a venire qualche dubbio. Temo d’aver fatto la cazzata grossa. Ma ecco che il malumore mi passa, quando m’arriva la telefonata del negoziante a cui ho ordinato i fari : “Sono, arrivati. Con un giorno d’anticipo.”
Appena metto giu’ il telefono, mi parte l’embolo. Vado sul sito della Touratech e ordino il kit rally50. Nuovo. Minchia. Dali’ era un pazzo.
Acquisto tutto con la carta di credito, quando la transazione va a buon fine sento il risucchio dal portafoglio. Ora non si torna piu’ indietro. Come direbbe Christian F. Sto a Rota, sono nel limbo dei tossici, c’ho la scimmia della modifica a mille che mi fa ribollire il sangue.
Ormai non torno piu’ indietro. Ormai sto Africanizzando pesantemente.
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Passano un giorno o due, arriva la roba dalla Germania. Uno scatolone enorme.
Chiaramente riesco a caricare anche questo sulla moto, porto tutto a casa e apro. Due forcelle WP Upside down a steli rovesciati, un cerchio excel e una pinza freno brembo.
Le piastre hanno un perno predisposto per la mia Africa Twin. Sono come le care e vecchie scatole del lego. Un foglio d’istruzioni e via.

Do’ un occhio all’orologio. Le venutno. Potrei iniziare a lavorare ora. Montare la forca, vedere se funza.
Potrei girare il primo atto dell’Africanizzazione, sedermi sulla poltrona del regista e dire : motore. Ah, che emozione. Potrei iniziare a godere dell’ammortizzamento WP, del gusto estetico delle forcelle nere, immaginandomi su delle gialle dune e su un lungo pistone Africano.
Sono cosi’ impaziente di iniziare i lavori che potrei svitare le viti coi denti, evitando spanature ma dando lavoro al mio dentista.
No, e’ troppo tardi, tralascio di testare la dinamometrica dentale e poi la moto mi serve per girare a Milano. Devo recuperare gli ultimi particolari prima di fermare tutto per i lavori. Mi servono i cuscinetti dello sterzo, i parapolvere e un po’ d’alluminio.
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Se ci vedesse Salvador …

Mi riconcentro sulla scatola. E’ tutto usato, ma i tedeschi in queste cose sono precisissimi.
Mi avevano assicurato che la roba era quasi nuova, deriva da una modifica “competition” di un 525. Le molle sono come mamma le ha fatte. Adatte ad una moto da 120 Kg, ma non alla mia pesante Africa. Devo portare tutto alla Oram qui a Milano e farmi modificare l’assetto.
Cio’ vuol dire attesa. Questo sara’ un colossal. Ah se Dali’ fosse ancora vivo.

Sono passate due settimane dal giorno d’inizio dell’operazione Africanizzazione. Due settimane da quando ho ricevuto il messaggio divino attraverso al sogno premonitore.
Ora si fa sul serio. La strumentazione Touratech dovrebbe arrivare a giorni. La roba che ho ordinato doveva arrivare dalla Germania e i tempi sono stati un po’ piu’ lunghi.
Tutto e’ sincronizzato. Ritirare le forche modificate, due giorni per montarle, preparare il telaietto portastrumenti, poi installare tutta la roba d’oro della Touratech quando arrivera’.
Metto la moto in cantina. Non ho a disposizione il box di mamma Honda o quell’officina asettica e perfetta che fa parte dei sogni di tutti noi malati di modifiche. No, tra le mie mani solo uno scantinato dove riuscire ad infilare la moto e’ gia’ un miracolo.
Ci si riesce, ma non senza qualche imprecazione. Una curva a gomito nel giardino, qualche scalino, la porta alta un metro e mezzo e naturalmente non ci si entra “dritti”, no bisogna inventarsi una manovra assurda per riuscire a girare la moto e lanciarla letteralmente giu’ dai gradini. Insomma una via crucis.
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Inizio a smontare la vecchia forcella. Radio accesa, pizza, birra e rutto libero. Arriva il momento di inserire il perno della forcella da 48. Il momento e’ solenne, mi sembra d’assistere al varo di una nave. Africanizzazione capitolo 1 prima. Ciak, Azione.
Tutto va per il meglio, finche non m’accorgo che il perno e’ corto. Parte un bestemmione che per un attimo fa tremare i vetri, la radio si spegne, la pizza si scioglie. Scende Dali’ dal cielo e mi dice : “Simo, hai fatto una cagata. “ io gli dico : “Salvador, c’hai ragione sono un cazzone.”

Ok, dopo questo incontro biblico, mi metto a ragionare. Il perno e’ corto, non so perche’ ma Motobau ha toppato. Forse questo e’ il perno per un’altra Africa, forse e’ il perno di un ciao, non lo so. Il diametro pero’ e’ giusto, anche la doppia filettatura.
C’e’ solo un po troppo spazio tra il cuscinetto e la piastra inferiore, secondo me’ si sono dimenticati di tornire sto mezzo cm. Devo portare il pezzo a modificare. Non posso permettermi di rispedirlo indietro.
Per accelerare i tempi mi serve un perno da far copiare. Non posso rimanere senza moto troppo a lungo. Fortunatamente trovo un ragazzo sul forum di Africa Twin che risponde immediatamente alla mia richiesta d’aiuto. In pochissimo mi ritrovo con la sua piastra in mano e la posso dare alla Oram da copiare.
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Arriva finalmente il momento in cui posso iniziare i lavori, e’ passata piu’ di una settimana prima d’avere il pezzo pronto per essere montato. nel frattempo e’ arrivato tutto l’occorrente dalla Touratech. Stavolta smonto tutto e non potro’ tornare indietro finche’ non avro’ finito i lavori.
La moto dev’essere Africanizzata prima del mio giro in Tunisia. Sopratutto non potra essere ancora in cantina il giorno della partenza del traghetto da Civitavecchia.
Ennesima sudata per portare la moto in cantina e via. Africanizzazione, capitolo 1 seconda. Ciak, Azione.
Tolgo la carena, smonto i fari, sfilo i cablaggi, libero i connettori, via la ruota, la forcella. Via tutto. Ho tutto l’avantreno nudo. Mi guardo attorno e spero vivamente di riuscire a rimontarla.
Mi sembra d’essere nella stanza in cui da bambino giocavo con il lego. Spargevo tutti i pezzi per terra e poi iniziavo il montaggio a ruota libera. Avanzava sempre qualche pezzo, il modello era sempre imperfetto. Ma funzionava. Speriamo non avanzi qualche vite fondamentale sulla moto. Speriamo che funzi anche la mia Africa.
Quando mi trovo in questa situazione mi viene anche il dubbio d’aver esagerato. Ok, con la fantasia ci so fare. ma poi? la manualita’ ? Mica sono un meccanico, qui ho svangato mezza moto. Speriamo, Speriamo.

Rieccomi al varo. Porgo dolcemente la piastra nel canotto, l’ho anche gia’ ingrassato. E’ pronto al serraggio. Merdddddddddddddaaaaaaaaaaaaaa. Il perno e’ ancora sbagliato. Stavolta l’errore e’ italiano. E’ ancora troppo corto. Ok, ok. Calma e sange freddo.
Metto il perno da parte, domani andro’ in Oram e me lo faccio modificare al volo. Deve farlo.

Proseguo con la customizzazione del cockpit. Il telaio che ho acquistato insieme alla carena e’ perfetto, tuttavia non mi piace. E’ troppo basso, e la strumentazione apparirebbe montata come se fosse un televisore.
No, voglio rifare tutto, costruire un castello in vero stile Africano. Il giorno successivo ho il perno in mano. Questa volta e’ perfetto. Inizio il lavoro con l’allumnio, passano de giorni e non riesco a finirlo. Il lavoro e’ molto piu’ complicato del previsto. Ricomincio il cablaggio, la ricerca del giusto passagio dei cavi acceleratore e frizione.
Qui ci perdo un sacco di tempo e mi viene lo sconforto. Ma se li monto male? Se cozzano con qualcosa e si rompono? Alla fine ci mettero’ quasi una settimana a ripristinare tutto l’avantreno.
E’ il momento dei led, tolte le spie originali devo ricablare tutte le lampadine di servizio. Cablo una spia standard della Touratech e al primo colpo funziona solo la luce dell’Olio. Ci perdo un’altra serata e alla fine parrebbe funzionare tutto.

E’ il momento di montare la carena. Taglio gli spigoli, preparo un paio di staffette per il montaggio a serbatoio. Lavoro finito.
Sono passati dieci giorni, ho lavorato costantemente dalle 19 all’ 1 di notte. Ora sembra tutto pronto per la prima prova. Guardo la moto per un bel po’.
E bellissima.
Ho fatto un bel lavoro. Ci vorrebbe una bella riverniciatina, ma il budget e’ esaurito.
La guardo, la riguardo, le sbavo dietro, vorrei provarla subito, ma da solo non ce la faccio a tirarla su dalle scale. Mi serve l’aiuto di qualcuno. La riguardo, mi cade l’occhio sulla porta. guardo la carena.
Mazza quant’e’ alta. Mazza, la strumentazione quant’e’ alta. Altissima. Mazza, mi sa che non ci passa dalla porta. All’inizio mentre penso questa cosa tra me e me sorrido. Seeee figurati se non ci passa dalla porta. Guardo bene. Il dubbio aumenta. Prendo il metro. Mancano un po’ di centimetri. La moto e’ alta 155 alla carena. La porta 148. Merda. Ok, prendero’ delle cinghie e comprimeremo la forcella. Mi devo fai aiutare da un amico, ma il film e’ finito, possiamo andare in scena.

Il sipario si alza : la moto e’ in autostrada, sono diretto a Firenze per fare un test offroad, per la prima dell’Africanizzazione. Ho una tanica da cinque litri legata dietro al sedere, devo testare le spie e dato che ci sono gia’ passato, meglio essere pronti.

Roncobilaccio, la moto scoppietta, scorreggia, puzza. Si ferma in mezzo alla galleria. Dietro di me un camion che mi evita per un pelo. La benza e’ finita. La spia non funziona, per inerzia raggiungo la piazzola d’emergenza. Si, Dali’ era un pazzo, il suo film non poteva che iniziare cosi’.
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Il sogno ….

Il sogno!!!

 

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