Dogubayazit e l’Isak Pasa Sarayi
December 23rd, 2009Chissà poi perché gli inglesi hanno voluto chiamare “biscotto per cani” (dog biscuit) la città di Dogubayazit. Stranezze d’Oltremanica. A Dogubayazit – 1.900 metri di altezza, 36 mila abitanti – non ci sono monumenti storici da ricordare dato che è sorta nel 1918 dopo la partenza dei russi. Ci si arriva da Agri, stazione di transito dei grossi autotreni che vanno e vengono dall’Iran. Sono la nota di colore più evidente lungo gli sconfinati rettifili dell’Anatolia settentrionale. Corrono veloci, i Tir, ora salendo gli altipiani, ora discendendoli, non altra compagnia per il guidatore che la scritta che hanno bene in evidenza nella cabina di comando: “Mashallah!” (“Allah sia lodato!”). Sullo sfondo, l’Agri Dagi con i suoi 5.165 metri che ne fanno uno dei monti più alti del mondo. Sì, a Dogubayazit non ci sarebbe proprio niente che possa interessare il turista se non fosse per le escursioni sull’Ararat e perché a circa sette chilometri si erge l’Isak Pasa Sarayi. Ci si può andare anche a piedi dato che la passeggiata è piacevole E’ un palazzo che evoca il sogno da “Mille ed una notte” dell’emiro Ishak Pasa che – avendo ottenuto il titolo di governatore ottomano in un periodo in cui la Corte di Costantinopoli si accontentava di riscuotere ogni tanto un tributo da queste lontane province – aveva pensato bene di rivaleggiare con il palazzo del Topkapi dando incarico ai suoi architetti di fare qualche cosa di simile al palazzo del sultano per stile e dimensioni. Ma molto, molto prima che Isak Pasa pensasse al suo progetto, in questa importante posizione strategica era sorta una fortezza (regno di Urartu). Poi più tardi ne edificarono un’altra i Selgiuchidi. Ed altrettanto fece il sultano ottomano Beyazit I Yildirim detto il “lampo”, quello che più tardi nella battaglia di Ankara fu fatto prigioniero dai mongoli di Tamerlano finendo i suoi giorni nel 1403, proprio in questa fortezza. Isak Pasa volle mantenere al palazzo i caratteri di una fortezza. Fa un certo effetto averlo di fronte con le sue 336 camere. La sua architettura è una fusione di stili: da quello selgiuchide e ottomano a quelli georgiano, persiano ed armeno. Il portale est conduce ad un primo cortile forse destinato al corpo di guardia. Attraverso un secondo portale si accede ad un altro cortile sul cui lato, a nord, sorge una moschea a cupola accanto alla quale si apre in successione uno spazioso Selamik, luogo dove venivano accolti e salutati gli ospiti, dove si tenevano le udienze e si emanavano le sentenze. Le magnifiche porte placcate in oro che c’erano in passato non ci sono più. Furono tolte dai russi che nel 1917 avevano occupato Dogubayazit e trasferite all’Hermitage di Pietroburgo. Il palazzo un tempo era dotato di riscaldamento centrale, di acqua corrente e di una rete fognaria. Al suo interno ci si addentra in un dedalo di stanze dove c’erano l’harem, formato da 24 stanze, i bagni e la cucina con un grande camino. Non lontano dall’Isak Pasa Saray si scorgono i resti della fortezza urartea e le mura che delimitano un grande frutteto recintato. Quest’ultimo, un’oasi lussureggiante in mezzo ad un paesaggio semidesertico, merita una visita. Se non altro perché, secondo la tradizione popolare, qui si narra dell’amore impossibile tra un giovane musulmano, Karim, ed una principessa cristiana, Asli.
Testo Veronica Incagliati ( Turchia Oggi )