L’utopia della moto totale.

November 29th, 2007

Per me la moto dovrebbe essere una.
La moto dovrebbe essere discreta nel presentarsi al pubblico: cosi’ da non attirare né troppi sguardi né far venire strane voglie ai ladri. La moto dovrebbe essere bella, ma non troppo, per evitare di risultare brutta se maltrattata o quando salta il lavaggio del sabato mattina.
Lei dovrebbe essere Intelligente, ben fatta, economica, e naturalmente affidabile. Si.
La moto deve portarti in luoghi lontani da casa, ma ti deve anche portare al lavoro la mattina, quando suona la sveglia. Quella maledetta sveglia che ti interrompe il sonno proprio, mentre stavi sognando di essere sulla tua moto tra le bellissime curve delle Dolomiti Italiane o sulle sterrate della Cordillera Peruviana.
Diamine, la moto dovrebbe essere una, che sappia sostituire il carrello della spesa dell’Esselunga e che non ti abbandoni senza benzina su una pista Africana, mentre sei diretto alla mitica Timbuctu.
Sì la moto per me dovrebbe essere, una. Totale.
Cosa vuol dire Totale? Il vocabolario della lingua Italiana e’ chiaro. Totale, ovvero, completo, assoluto, intero.
Io se dovessi definire il concetto di Totale, per inserirlo nel vocabolario del motociclista ci metterei: Completo, illimitato, definitivo.
Certo del vocabolario del motociclista bisognerebbe farne tante versioni, cosi’ che ognuno compri quella che piu’ gli si addice, ma sarebbe come dire che nel Garzanti ci vadano messi anche i dialetti.
Negli ultimi anni, ho affrontato diverse fasi del mio modo di essere motociclista e di conseguenza ho trovato sulla mia strada diverse versioni della moto totale:

Lo divenni.
Motodotato all’improvviso, senza che nessuno se l’aspettasse. Un po’ non me l’aspettavo manco io, a dirla tutta. Ero un fifone, due ruote con attaccate un motore, per me voleva dire ficcarsi nei guai.
Mi prese qualcosa di strano un giorno d’estate, quando andando al mare in macchina, in piena coda autostradale, vidi una coppia a bordo di una Honda Four. Avevano pochi bagagli, forse una tenda e dei materassini.
Io, per un pomeriggio di spiaggia, che forse a causa della coda stava pure per saltare, avevo caricato in macchina mezza casa. Mi sentii soffocato. Limitato e senza vie di fuga.
Comprai cosi’, la mia prima due ruote. Era il 1999, Lei era un GSF 400 Bandit verde bottiglia. Un colore che ora ritengo orribile, ma che allora mi faceva impazzire.
Aveva un manubrio cromato come gli specchietti, un faro tondo in stile anni settanta e soprattutto una marmitta Arrow che faceva Tamarro al punto giusto. Sembrava la moto di Fonzie.
La portai a casa senza che i miei genitori sapessero nulla. La misi dove solo qualche giorno prima c’era uno scooter, uno ZX taroccatissimo che avevo comprato per andare a lavoro.
A mia madre quando la vide per poco non le prende un colpo.
In quell’anno Valentino Rossi correva ancora nella dueemmezzo e nella cinquecento invecve correva Kenny Roberts su Suzuki. La Bandit era una quattro cilindri Giapponese. Una Suzuki come quella di Kenny e questo per me era libidine pura. Era essere motociclista. Avevo la moto.
Per me, la moto totale in quel periodo era quella. Anche se io non sapevo che un giorno ne avrei mai cercata una, di moto totale, allora per me la moto era: Una moto da strada. Non poteva esistere altro.
Ci andavo a lavoro. La pagavo a rate sperando che non me la rubassero ancora prima di finire di pagarla. Ero sul tetto del mondo. Mi sembrava di sentire Jovanotti che mi cantava alle spalle :”… sei come la mia moto … sei proprio come leiiii”.
Nonostante tutta questa libidine, dato che per me essere motociclista ed avere la moto erano la stessa cosa, il Bandit stava parecchio parcheggiato nel giardino di casa. Non ci realizzai mai il sogno di liberta’ espresso da Easy Rider, che allora non sapevo neanche fosse mai stato girato. All’epoca per me la moto totale era gommata slick e quindi come tanti altri ero affascinato dalle gloriose Honda CBR. Ne comprai una.

Il motociclista fashion
Preso da un trip commerciale, presi un 600 del 1994, nero e rosso, dando dentro al concessionario il mitico GSF, che nel frattempo aveva sempre fatto cio’ per cui l’avevo comprata. Andarci a lavoro. Avevo finito di pagarla, ma chiaramente il CBR costava di piu’, e quindi : altre rate. Merda al consumismo.
Il CBR per me’ era la moto vera. Un motore che aveva almeno quattro volte i cavalli di quelli che mi servivano. Aveva un temperamento sportivo e una colorazione aggressiva. Non potevi andare in giro senza. Il cambio a confronto di quello del GSF sembrava automatico. La moto si guidava come una bicicletta. Ma santo cielo, una bici non era. La cosa mi rendeva esterrefatto. Mi sembrava impossibile che un missile come il CBR potesse essere pilotato ancora piu’ semplicemente che il Bandit. Pensavo ci volesse un uomo vero per guidare una moto coi controcazzi come quella. La cosa strana e’ che mi sembrava strano che io lo notassi. Forse era un segno evolutivo. Capivo certe cose. Bo.
Non so perche’ ma l’idea di cavalcare un Honda mi faceva sentire un motociclista diverso. Mi sentivo migliore, come se quando ero banditdotato fossi uno sfigato. Come se il divario tra le due moto equivalessero alla differenza tra un Ciao e un Harley.
Ora avevo bisogno di un’abbigliamento consono alla mia nuova condizione di motociclista. Spesi una caterva di soldi in un negozio di moto per comprare una giacca in pelle della Dainese. Per quella non feci le rate giusto perche’ era Natale e con le mance di genitori e parenti la feci saltare fuori. Ma la giacca in pelle doveva essere Dainese, fa niente se magari altre marche che al momento non conoscevo ne facevano di altrettanto belle a meta’ prezzo. No, Dainese. Giacca in pelle di Bovino e CBR, altro connubio che per me distingueva il motociclista vero da quello della domenica.
Pero’, effettivamente dal CBR non volevo mai scendere. Iniziai i primi giretti di qualche centinaio di chilometri, e ci feci la prima vacanza in Francia. Andai in Costa Azzurra. Li sentii bussare alla porta gli Steppenwolf che volevano entrare nella mia vita e nel mio panorama musicale. Ma all’epoca non ci feci caso. La porta rimase solo socchiusa, per me liberta’ voleva ancora dire avere i soldi in tasca per andare a mangiare una Pizza e la mia moto era totale quanto bastava.
Il CBR era del ’94, nel 2001 quando decisi di cambiarla per una 900 si puo’ dire che era ancora in rodaggio. Cosa mi spinse a cambiarla? Honda. Con tutte queste supersportive dal fascino sempre piu’ forte riusci a farmi venire la voglia di una moto piu’ nuova, una moto dall’aspetto piu’ giovane. Una moto bella.
Un giorno per caso, passo davanti ad una vetrina di un piccolo concessionario. Vedo un CBR 929 RR Giallo e Nero. Sembrava nuovo, ma aveva un prezzo da usato. Me lo ricordo ancora 9.800 Euro. Rimango imbambolato davanti a questa piccola vetrina per almeno dieci minuti, accorgendomi solo dopo che questa era praticamente l’unica moto che avevano in vendita. Tutti gli altri erano scooter. Che ci faceva li, questa? Sola in mezzo a quei cosi a due ruote, non degni di essere affiancati ad un’Honda CBR ?
Era certamente li per me. Ebbi la certezza che quella moto non era li per caso. Entrai come se un’entita’ aliena mi stesse pilotando il cervello guidando le mie azioni. La moto aveva pochi mesi di vita, 2500 Km all’attivo. Guardai dalla vetrina il mio 600. Firmai il contratto.
Pochi giorni dopo vado a ritirare la moto. Piove di brutto, e mi sento anche un po’ sfigato per questo. Sognavo di ritirare il motore sotto un cielo illuminato dal Sol Levante e dirigermi a nord verso le montagne Svizzere.
La voglia di salire sulla nuova cavalcatura e’ cosi’ forte che me ne frego altamente e la ritiro ugualmente. Quando ci salgo mi rendo conto di che cazzo di moto ho comprato. Il capolino stretto, i gomiti belli chiusi sul serbatoio. Un Tachimetro digitale racing e un suono paurosamente potente. Che moto ragazzi, che figata. L’asfalto e’ cosi’ bagnato che ho paura a girare l’accelleratore e di decollare. Centocinquanta cavalli. Se il 600 aveva quattro volte i cavalli che mi servivano questa ne ha almeno otto. Ma sono tutti sotto al mio controllo. Si, anche questa per me’ era la moto giusta. L’unica cosa che aveva che non andava e’ che mi faceva cagare addosso dalla paura che me la fregassero. Prima di dedicarmi all’imodium decido di prendere l’inculata vera. Vado da un’amico a farmi installare un’antifurto elettronico. Gallata, ho pure il BEEP a telecomando. Pago duecentocinquanta euro d’installazione all’amico e me ne vado felice, non prima che lui mi abbia confermato che tanto se me la vogliono “fare” me la “fanno” lo stesso, mostrandomi come si fa. Merda. Ma dirmelo prima no? Vai a fidarti degli amici. Fanculo.
Non passano molti giorni e mi rendo conto che questa moto non era li per caso.

Turista per caso
La mia condizione di motociclista, inaspettatamente come la prima volta, quando decisi di comprare la moto, diventando “possessore di moto”, passa a quella di Turista.
Gia’, dopo due moto possedute, usate piu’ o meno come degli scooter, nonostante una fosse della stessa marca di quella di Roberts e l’atra una possente CBR, mi accorgo sul passo del Bernina, in direzione Maloja che la condizione di turista mi piace da morire.
Passano i mesi, e questa cosa del viaggio mi piace sempre di piu’. La condizione di Turista diventa quella di Mototurista quando a bordo del mio cibierrone vado ad Amsterdam e poi attraverso Ucraina e Russia raggiungo Mosca e San Pietroburgo.
Quando torno dal viaggio Russo mi accorgo di quanto è bella questa CBR, e soprattutto di quanto è affidabile.
Mi rendo conto che sono passati due anni, la moto ha percorso circa 50.000 Km da quando l’ho acquistata e non gli ho fatto mai nulla. O meglio, la mia condizione di perfetto ignorante della moto non mi aveva fatto mai porre dei dubbi in merito al fatto che una moto si potesse rompere. Una moto per me’ dal punto di vista meccanico era come una macchina. Le macchine vanno sempre. La mattina scendi nel parcheggio, carichi il baule come quello di un TIR, chiudi e prendi l’autostrada del sole. Ti spari 900 km per andare in vacanza, spegni l’auto e la riaccendi per farti i 900 Km per tornare a casa. No problem.
Questa CBR mi ha fatto avvicinare ad un concetto di moto totale che prima non avevo mai preso in considerazione.
Iniziavo a pensare a dei dettagli differenti, il colore aggressivo e il look Racing passava in secondo piano, piuttosto pensavo a come sistemare i bagagli. La CBR ero riuscito a caricarla con delle borse laterali morbide e una da serbatoio. In Polonia ho preso un sacco d’acqua e la sera entravo in albergo e strizzavo tutti i vestiti puliti prima di mettermeli, mentre i miei compagni di viaggio mi ridevano in faccia. Cavolo quelle borse erano veramente uno schifo, ne avrei volute due d’alluminio come quelle di tutti i Tedeschi che vedevo in giro per l’Europa. Ma su un CBR? Ci provai. Per un bel periodo di tempo cercai un produttore di qualsiasi cosa che potesse permettermi di attaccare delle borse laterali rigide sul CBR 900. Non ci fu verso di trovarlo. Rinunciai, all’epoca non mi passo’ minimamente per la testa che me lo potevo far fare, o addirittura farlo io.
La moto dev’essere affidabile per poter essere la moto di un Mototurista. Vedevo che chilometro dopo chilometro m’importava meno d’essere seduto sul mostro da 150 cavalli Honda che attirava gli sguardi delle persone sedute al bar. Mi stavo piuttosto accorgendo del fatto che questa fosse si, una moto affidabilissima e tutto sommato per me che non mi faccio tanti problemi anche comoda per viaggiare, ma stavo pensando al fatto che non fosse economica da gestire.
Certi materiali di consumo come pastiglie dei freni e gomme erano troppo cari. I tagliandi, nonostante gli ultimi me li fossi fatti da solo risultavano un po’ dispendiosi e soprattutto non consumava pochissimo. Insomma coi 25.000 Km all’anno percorsi la spesa iniziavo a sentirla.
Eccomi quindi a pensare all’acquisto di un BMW GS 1150, una moto che sulla carta essendo un’endurona bicilindrica permetteva dei costi di gestione minori.
La compro.
Il mio 900 mi rimarra’ sempre nel cuore, perche’ e’ stata la moto con cui ho capito che mi piace viaggiare. E’ una moto che ho comprato per sfizio e pura estetica e che ho venduto perche’ sono cresciuto.

Ora ho la Totale … forse!
Col GS cambia per l’ennesima volta la mia condizione di motociclista. Sono diventato motociclista convinto d’avere la moto totale. Ho acquistato una BMW per le sue rinomate doti d’affidabilita’ Perche’ aveva dei costi di gestione piu’ bassi di quelli del CBR 900. Perche’ la potevo caricare come un mulo. Perche’ era una libidine guidarla e i cavalli che sfruttavo erano sempre e comunque meno di quelli che avevo a disposizione.
Il GS pero’ mi mette in una condizione difficile. Mi rendo conto che le strade non sono solo asfaltate. Mi rendo conto che fare turismo in moto per me non voleva dire limitarsi alle strade raggiungibili dalle auto. Inizio a percorrere i primi passi in fuoristrada. Lo faccio su delle bellissime strade bianche Toscane, poi faccio il secondo viaggio in Tunisia, che a differenza della prima, questa volta e’ abbondantemente in fuoristrada.
Il dubbio di non essere in possesso della moto totale mi viene quando di fronte a certi ostacoli naturali come rocce, fango e fiumi mi sento come in balia della moto e non completamente a controllo del mezzo. Il GS, carico e col pieno pesera’ oltre trecento chili. In piu’ di un’occasione mi rendo conto che per certi luoghi dove volevo fare turismo era necessaria una moto piu’ leggera e snella.
Mi rendo conto che certe soluzioni tecniche del GS non sono adatte all’utilizzo nel fuoristrada impegnativo. Ruota anteriore da 19, gommatura larga e con poca scelta. Il telelever che non ti consente di leggere le asperita’ con la sensibilita’ di una forcella tradizionale.
Tutti questi dubbi mi vengono col tempo. Dopo tre anni e 100.000 Km percorsi sul BMW, mi rendo conto che voglio la moto totale. E mi rendo conto di quale e’. La moto che non mi limiti. E’ nuovamente cambiata la mia condizione di motociclista. Ora sono alla ricerca della moto perfetta.

La moto perfetta
Esce la KTM SE. Un 950 dal fascino indiscutibile. Prima di fare il grande salto la studio a fondo. Questa a mio avviso ha tutte le carte in regola per essere la moto totale. Non e’ una Tourer, non e’ una Enduro specialistica. E’ dotata di un bicilindrico potente che essendo montato sulle turistiche ADV si presta a lunghe percorrenze. Ha delle sospensioni e un peso adatto a percorrere il fuoristrada impegnativo di cui sento il bisogno. Non ha un grande serbatoio. Questo e’ sicuramente un problema, ma confido nel fatto di trovarne uno after market o addirittura di farlo fare. Non ha un capolino. Ma questo non mi importa minimamente. Ho viaggiato a lungo anche con un Tenere’ 600 che mi ero comprato per affiancare il CBR e non ho mai avuto problemi.
E’ costruttivamente semplice. Non sembra avere tutti i fronzoli che invece aveva il GS. La guardi e non pui che immaginare la moto che ti portera’ ovunque che come lei. La compro.
Insomma, questa moto aveva tutto. Era la moto totale sulla carta. Ma Ahime, qui e’ mancata la tecnica. Per la prima volta mi trovo di fronte ad una moto che e’ un colabrodo. Ero ancora abituato a moto che erano come le macchine di cui parlavo. Non si rompevano mai. In sei mesi, e poco meno di 30.000 Km questa KTM cade completamente a pezzi.

La regina, la totale che mi ha stregato
La moto totale doveva essere affidabile, e’ una delle cose che ho imparato del CBR. Questa KTM aveva tutto, tranne che l’affidabilita’ e l’assistenza. Non puo’ essere la mia moto totale. La vendo per comprare un’Africa Twin del 1989, quella che mi evoca le sensazioni dei lunghi raid Africani. Dei Rally durissimi in cui le moto vengono messe duramente alla prova.
L’Africa, e’ una moto che nelle mie ricerche della moto totale e’ tornata tante volte a farsi viva.
Una moto che tutte le persone che l’hanno provata sembrano colpite da allucinazioni. Dicono che non ne puoi piu’ fare a meno, che e’ come la droga. Quella buona.
Io credo che questi non siano drogati, credo che siano pazzi. Quella moto ha vent’anni. Va bene tutto. Ma le vogliamo far andare in pensione? Be. Io la compro, poi vediamo. Male che vada andro’ a farmi disintossicare.
Con questa moto, pagata 1500 euro vado in Russia, viaggio che dovevo fare col kappa e che per poco non salta a causa sua e da pochi giorni sono tornato dalla Tunisia.
Nel frattempo ho percorso circa 25.000 km. La moto quando l’ho comprata non so quanti ne aveva. L’ho caricata come un cammello, l’ho trattata veramente male, ma lei non mi ha chiesto assolutamente nulla. Ho fatto tantissimo fuoristrada, non mi sono mai sentito limitato. Se non una volta, quando ho preso un sentiero minuscolo nel bosco. Questo scendeva tra pietre e rocce, portandomi nella condizione di non essere per nulla certo di poter tornare indietro con una moto pesante come l’Africa Twin. Li mi sono reso conto che il peso, e’ comunque troppo.
Ora. Ora sono nella merda. Ho una moto di cui sono profondamente innamorato. Che forse piu’ di tutte quelle avute fin ora si avvicina al mio concetto di tatalita’. Ma, si c’e’ un ma. Mi sento limitato nelle esplorazioni. Nei punti piu’ impegnativi, comunque pesa. Ma cazzo, e’ una moto della madonna. Si sono nella merda.
L’Utopia.
La moto totale e’ un’utopia? La moto che non ti va mai stretta, indipendentemente dal fatto che si debba andare al bar, o che si voglia fare il giro del mondo. Esiste, puo’ esistere, e’ esistita?
Questa totalità, che si basa sul principio dell’assenza di limiti e’ un qualcosa di irrealizzabile? Rende utopico chi come me cerca nel mercato quotidiano la realizzazione di questo sogno?
Ho individuato nel corso di questa mia metamorfosi motociclistica avvenuta nel corso degli anni quale sia per me la moto totale. L’ho individuata innanzitutto capendo che la mia moto totale non puo’ essere la moto totale di un altro. Ma l’ho individuata immaginandone le specifiche tecniche che desidererei io, perche’ non si puo’ trattare d’altro che di un desiderio, di un sogno, dato che la moto totale che voglio non la produce nessuno.
Non la produce piu’ nessuno oggi. Perche’ nel passato ne sono esistite eccome. Una ce l’ho anche avuta era il Tenere 600. Il primo. Il mio era del 1984. Aveva un serbatoio da 30 litri. Delle belle forcelle. Era leggero potente e soprattutto andava sempre.
Quello l’ho distrutto io. Me ne ero cosi’ innamorato che un giorno ho deciso di restaurarlo. Non sono mai piu’ riuscito a rimontarlo. E’ ancora li.
Il mercato odierno, fatto piu’ da persone del marketing e dai Designer, che da ingegneri e motociclisti mi costringe a basare le mie scelte seguendo quest’ ideologia di totalita’ nella consapevolezza che pur ritenendolo giusto non si potra’ mai realizzare.
Sono Utopista. Ma sono un utopista che crede nel futuro. Che ci spera. E quindi ho comprato un DRZ 400.
La mia Africa restera’ sempre con me.

Il Dierrezetone.

November 29th, 2007

Le sei, suona la sveglia. Quella maledetta sveglia cellulofona che tutte le mattine rintocca l’ora in cui, come gli zombie di Romero devo abbandonare il letto per recarmi al lavoro.
 

È venerdì ammetto che solitamente la sveglia mi rompe le scatole un pò più tardi, il che mi mette ancor più in uno stato d’agitazione interiore. Che ci faccio già alzato, quando attorno a me i lupi mannari non hanno ancora smesso di pascolare per le vie delle città in cerca di cibo?
Ci devo pensare molto, almeno cinque secondi, prima di connettere il cervello sul viaggio in treno che m’aspetta per raggiungere Piombino.
Piombino, cittadina balcone sul mare, porta della splendida isola d’Elba sulla nostra penisola che ospita in questi giorni, tra le calde mura di un concessionario Toscano il mio nuovo, usato Dierrezeta quattrocento, una E per di più. Merda, l’ho comprato, è vero.  Quasi faccio fatica a crederci. Sono passati solo cinque giorni da, quando ho trattato il tutto. Sono passate solo centoventi ore dal momento in cui ho alzato il telefono e acquistato il “motore”.
Telefono? Ho acquistato una moto per telefono? Sono proprio un coglione. Ma chi cazzo la comprerebbe una moto per telefono? Chi è quel cerebroleso che si farebbe fregare on-line. Io.
Dopo circa un mese di ricerca tra siti più o meno conosciuti. Riviste specializzate, annunci sulle bacheche dei negozi, nei locali, sulle porte dei cessi degli autogril senza alcun risultato, ho avuto il colpo di fulmine guardando delle foto.
Dio mio, quelle foto, guardate come se fossero l’immagine della nuova velina di Striscia la Notizia, mi hanno colpito, mi hanno reso inquieto per tutto un week-end.
Il supplizio poteva durare meno, poteva durare due giorni meno, ben quarantotto ore, invece No. Sabato mattina, il tentativo disperato di contattare il concessionario Toscano fallisce. Una fredda e asettica segreteria telefonica spazza via la mia tranquillità, la mia certezza: Il concessionario è chiuso, si prega di richiamare lunedì. Noooooooo!!! Non ci posso credere, destino infame, dovrò aspettare in uno stato di coma vigile fino a Lunedì.
Ho una paura fottuta che qualcuno passi la notte davanti alla vetrina del negozio e la mattina di lunedì alle otto in punto, mi freghi l’affare.
Il week-end trascorre all’insegna della follia pura: Conto i secondi che mancano all’apertura del concessionario, pregando il Signore che nessuno veda l’annuncio su moto.it relativo a quella che “dovrà” diventare la mia moto. Accendo la radio e metto su radio Maria, sperando che possa trattarsi di un fioretto abbastanza punitivo, una fustigazione sufficiente a farmi meritare la fortuna di poter acquistare “el Mutur”.
Domenica vado a dormire in uno stato d’agitazione pre esame di maturità. Durante il sonno sudo come un Sambernardo dentro una sauna svedese.
Il sonno è disturbato da sogni orribili, degni di un horror di Wes Craven.
Gente sconosciuta s’avvicina al mio Dierrezeta che è solo sulla spiaggia di Piombino. Si avvicinano piano, hanno dei lunghi impermeabili e delle chiavi Usag in mano. Temo vogliano sodomizzarlo, privarlo delle carene e godere della sua verginità. Spanargli tutte le viti.  Bastardi!
Questi prendono delle bombolette di vernice rosso sangue e come dei Writer di periferia sbombolano sul mio serbatoio giallo la terribile scritta: Venduta. Ridono e se ne vanno. Io corro verso la moto cadendo cinque o sei volte con la faccia nella sabbia. Non vedo più una mazza, ho la sabbia in bocca e l’immagine è offuscata. Quando arrivo verso quella che prima era la sagoma del DR vedo ora invece s’è trasformata in un KTM. Che incubo.
Mi agito, scalpito tirando delle craniate sul muro finche non mi sveglio.
È Lunedì sono le 7:59. Mi lancio verso il demoniaco cellulare, prima che faccia suonare la sveglia. Compongo il numero che ormai ho imparato a memoria: Squilla, squilla ma non risponde nessuno. Ecco, lo sapevo, quel bastardo che s’è appostato davanti al negozio sta disturbando l’ingresso degli impiegati non permettendomi di fregarlo sul tempo.
Quanto vorrei essere li davanti per dargli un pugno sul grugno.
 
Ore 8:00. Risponde: “Buongiorno, sono Simone Monticelli, c’era nessuno davanti alla sua vetrina? Ehm, scusi, intendevo, ci siamo sentiti settimana scorsa per quel DRZ, mi ha mandato delle bellissime foto, n’evvero che l’avete ancora?”. Il signore che sta dall’altra parte risponde in maniera molto calda: “Oh, sih, il Dierreteah, leh ancorah qui”. Non ci metto più di trenta nano secondi a fermarlo subito: “lo compro. Mi fido di lei, e del bel sedere che mostra quel DRZ in foto. Vengo a ritirarlo venerdì prossimo.”
Ed ora eccomi qui. È il grande giorno, è venerdì 23 Novembre, il mio treno per Piombino parte alle 7:15. Dall’emozione sarò in stazione alle 6:45, mezz’ora prima. Povera Lucia che m’ha dovuto accompagnare.
Per ingannare l’attesa compro una rivista di moto. Riders. Avevo comprato il primo numero, mi aveva fatto letteralmente cagare. Mi sembrava una rivista finta, più pubblicità che altro. Questo numero invece me lo mangio letteralmente, quasi non m’accorgo d’essere arrivato, infatti, alzo gli occhi e sono le undici circa, devo prendere l’autobus per Piombino.
Ora non riesco davvero a stare nella pelle, il cielo non promette nulla di buono, dei grandi e neri nuvolosi sovrastano tutta la zona. Prenderò l’acqua quasi certamente tornando a casa, ma sinceramente non m’importa.
In uno zaino mi sono caricato tutta l’attrezzatura da moto, ho con me anche quella che chiamo l’attrezzatura da Elefanten: Maglioni, pile, guanti pesanti, sottoguanti, mutande di lana e calze di ghisa. Insomma ho tutto l’occorrente per tornare a casa facendo credere al mio corpo che ha viaggiato tra le vie di Honolulu e non le strade montane tra Piombino e Firenze.
Il clima non mi spaventa solo perchè non temo il freddo, no, sono anche completamente preso dall’idea di percorrere questi duecentocinquanta chilometri in sella a questa moto, al mio mono, che tanto vorrei si rivelasse la moto totale di cui sono alla ricerca.
Entriamo in Piombino e incredibilmente il Pullman si ferma davanti al concessionario. Questa non è l’unica cosa incredibile. Il Pullman s’è fermato esattamente davanti al concessionario che qualche mese fa mi aveva visto entrare nel suo locale incazzato come un pastore cui hanno appena rubato le pecore, quando al mio kappa nuovo s’era bruciato un cuscinetto della ruota posteriore.
All’epoca la gentile signora che mi aveva accolto, si fece in quattro per trovare un meccanico che mi potesse dare assistenza di Sabato pomeriggio.
Ero disperato, incazzato. I miei amici mi aspettavano a Follonica per un bellissimo giro ed io ero con un cuscinetto spappolato. Ce la fece, mi mandò da un meccanico tutto fare che mi mise un cuscinetto di un’Honda.
Entro nel negozio, mi riceve la signora dell’atra volta. Vedendomi con uno zaino e un casco in mano capisce che sono venuto a ritirare il Dierrezeta. Mi manda nell’altra sede, dove mi aspetta il meccanico per consegnarmi la moto. Vado. Il magazzino si trova vicino al porto, circa dieci minuti a piedi da dove mi trovo ora.
Mentre cammino e mi guardo attorno non posso non rendermi conto di quanto sia strategico questo paese nei confronti della mia recente storia motociclistica.
Quando comprai il Kappa, la mia prima e unica moto nuova, lo ritirai dal concessionario di Firenze, presi l’autostrada e venni qui per andare all’Elba. Quando le gomme dell’arancione transitarono sulla strada che sto percorrendo ora a piedi, avevano giusto i chilometri che separano Firenze da Piombino.
Poi ci fu la storia del cuscinetto e del concessionario da cui guarda caso ora sto andando a prendere una nuova moto. Quante coincidenze, sembra il Cammino di Santiago.
Ed eccomi al grande momento. Entro nel locale e mi accoglie una ragazza che manda subito il meccanico a prendere la mia moto. Lei mi chiede subito se sono così pazzo da voler riportare la moto a casa oggi, su due ruote. Io le dico chiaramente di si. Ci mancherebbe che carico la mia moto su un furgone.
Prima di uscire a toccare con mano la mia bimba devo respirare profondamente. Da un lato sono molto emozionato per l’acquisto, ma dall’altro faccio fatica a dimenticare di averla comprata praticamente alla cieca. Mi faccio forza ed esco.
Eccola. Piccola, gialla, ha delle gomme prive di tasselli. Il telaio senza un graffio, le plastiche perfette, lo scarico originale è senza un segno.
La moto ha novemila chilometri, ma sembra averli percorsi da ferma.
La piccola ha quasi quattro anni di vita, potrebbe averne combinate di tutti i colori, tutti i DRZ E che avevo valutato e che rientravano nel mio budget erano strausati, consunti, praticamente dei rottami.
Ne avevo vista una di un ragazzo di Milano che sembrava uscita da una scatola di montaggio, solo che sembrava montata accrocchiando i pezzi di vecchi scooter. Uno schifo. Questa in confronto sembra nuova, porta con se solo i segni del mare. La salsedine le ha opacizzato un pò alcune parti.
La luciderò per bene, la curerò riportandola allo splendore di quando è uscita dalla fabbrica.
Attendo con impazienza l’accensione. Eccola: brummm, un rumore cupo e pieno, molto pieno, pure troppo pieno per uno scarico originale. Guardo bene se c’è il fondello db-killer. Si, c’è, ben avvitato e lucido. Il vecchio proprietario l’aveva tolto e rimesso prima di rivendermela. Madonna che mezzo. Ma non m’arrestano con sto fucile? Bo.
E’ il momento di salirci in groppa e portarla a casa. Sono emozionato come al primo giorno di scuola. Mi metto l’attrezzatura da moto e parto. Sono troppo impaziente per perdere ancora tempo.
I primi metri con il Dierre sono devastanti. Ho i guanti pesanti e faccio una fatica bestia a dosare il gas. Mi ricordo d’aver provato la moto di Lucia e che il motore non reagiva così cattivo. Questa è decisamente ruvida, secca e nervosa, poi questo rumore proveniente dalla marmitta, al semaforo mi fa sentire come uno scippatore di borsette, mi inquieta, agitandomi ancora di più e facendomi fare delle partenze in stile lancio dello shuttle.
Ci metto almeno quindici minuti a capire come fare per non essere sbalzato via dalla sella ad ogni accelerazione.
Il manubrio mi pare abbia qualcosa che non va, mi sembra troppo rigido, e sono convinto che si muova a scatti. Penso che possano essere le gomme, sgonfie, vecchie e squadrate, ma dopo qualche prova temo siano i cuscinetti. Anzi sono convinto siano loro. Che sfiga.
Mi fermo subito al distributore fuori Piombino per fare un pò di benzina e quando sono solo con lei la guardo per bene, la tocco. Il nostro primo momento d’intimità è quindi all’area di servizio. Non dura molto, arriva un guardone, il gestore, che mi obbliga a spostarmi perchè gli intralcio il passaggio delle macchine.
Lo guardo male, gli faccio capire con la mia espressione che ha interrotto un qualcosa di importante, di intimo, come disturbare due amanti che si baciano.
Non mi metto a spiegargli la situazione, tanto non penso potrebbe mai capire, gli dico di farmi il pieno.
Riparto e mi godo finalmente i primi chilometri tranquillamente, cercando di capire come si muove la moto, se fa rumori strani, cercando di imparare a guidarla.
Provo una sensazione stranissima, sono abituato al peso dell’Africa che non è una piuma, questa invece mi sembra una libellula, sembra quasi non toccare l’asfalto. La paura di vibrazioni poco piacevoli dura pochissimo, è svanita nel nulla dopo i primi chilometri.
La sella, per quanto abbia sentito in giro pareri diversi: Chi dice che è una tavola di legno, chi dice che il sedere venga letteralmente spezzato in due dopo pochi chilometri, chi dice d’aver venduto la moto a causa delle emorroidi, chi usa cuscini di piumino d’oca per alleviare il dolore, insomma avevo una paura smodata di trovarmi senza le chiappe dopo pochi minuti, invece non mi da fastidio. È bella morbida e soprattutto dato il tipo di moto, ci si muove sopra evitando di farsi venire i crampi.
L’Africa, in confronto a questa motoretta è un Treno, a pari velocità sul DRZ senti il motore che lavora, che sprigiona cavalli, mentre l’Africa pompa tanto con la sua coppia e i suoi bassi corposi.
Festeggerò i primi quaranta chilometri percorsi con la Suzuki in una bella trattoria. Antipasto Toscano e Pappardelle al Cinghiale, per poi riprendere lentamente, molto lentamente verso nord.
Da qui verso Firenze saranno tutte curve per altri duecento chilometri.
Arriverò in città alle 19, parcheggio la moto nell’attesa di provarla domani pomeriggio, in fuoristrada, dopo aver cambiato le gomme.
Così faccio. Sabato mattina vado a smontare le Enduro 3 che mi hanno accompagnato fin qui. Dopo anni di orgoglioso servizio sul mio DRZ ormai queste gomme erano diventate di legno, infatti davo a loro la causa della poca sensibilità dell’anteriore. Le gomme non erano certo in buone condizioni, tuttavia a cerchio smontato m’accorgo che i cuscinetti sono proprio da smontare e cambiare.
Nel primo pomeriggio su Firenze s’è scatenato un nubifragio. Sono costretto a rimanere rinchiuso in casa, ascoltando tuoni e fulmini pensando al mio pomeriggio Enduristico sfumato. Ho un treno di gomme nuovo e una moto fresca di Concessionario sotto casa, tutto è pronto per provare il motore nel suo habitat naturale, Il fango, ma ogni tuono mi ricorda che è meglio rimanere in casa anzichè andar per boschi. Ogni lampo mi ricorda che una scossa di corrente che ti attraversa l’orecchio da una parte all’altra non ti fa certo bene.
Finalmente smette, sono le quattro circa, decido di andare da Alabastro, noto Endurista Toscano proprietario di una splendida Africa Twin alleggerita all’osso e di un KTM 300 2T. Chiaramente lui non sa nulla del mio ultimo acquisto.
 
Il Toscanaccio quando mi vede arrivare con questa piccola motoretta, non crede ai suoi occhi: ”Ma dov’è l’Africona, che ci fai qui con la moto di Lucia?”.
Io lo fermo subito: “Guarda bene, ma ti sembra la moto di Lucia questa?”. L’omone, la guarda bene, la studia, troppi pochi segni, manca un serbatoione, mancano gli adesivi da truzza, la sella è più alta di qualche centimetro. Alla fine è costretto ad ammettere: “Non’è la sua, bastardo ti sei comprato un DRZ.”
Quasi a voler dire: “Ah, ti sei comprato il DR e mo ti sistemo io”, mi indica una mulattiera per aggirare un pezzo del giro che voglio fare.
L’ultima volta che Albastro ci consigliò una taglio di percorso io e Lucia passammo quaranta minuti a smarmittare sulle pietre cercando di oltrepassare degli ostacoli.
Entrammo in quella mulattiera con la gomma nuova e freschi come le rose. Quando ne vedemmo la fine, raggiungendo quindi il percorso che volevamo fare inizialmente: le gomme erano finite, le forze anche e i vestiti zuppi di sudore.
Io gli chiedo più volte come sia questo passaggio, lui mi risponde in maniera sufficiente: “Ma si, con quella vai ovunque … sulle pietre, op op oooopp, un colpo di Gas se sui.”.
Ok, vado. So già che avendo accettato di percorrere il pezzo suggeritomi da Alabastro mi sono praticamente ficcato da solo nella merda. Ma che ci volete fare, sono così, ho comprato una moto alla cieca, posso tirarmi indietro, quando un’amico mi consiglia un bel tratto di enduro da percorrere col motore nuovo?
Già per trovare l’imbocco del percorso ci impiego un pò chiaramente i sentiero è tanto imboscato quanto bastardo. Ci provo: sono impacciatissimo, non trovo nulla sotto le gambe da stringere, il manubrio è bassisimo, il motore mi scalcia ovunque perché devo ancora capire come cavolo dosare il gas. Dopo i primi due passaggi rocciosi ci capisco qualcosa, però avanzo in modo goffissimo e lento. Se avessi avuto l’Africa sotto il culo forse sarei già su, invece zampetto, scalcio e impreco, ma in realtà, rido della mia inesperienza con questo mono che sulla carta dovrebbe poter scalare l’Everest. Lei potrebbe farlo, anche da sola, ma io sono una capra, sono io l’ostacolo al suo avanzamento. In futuro dovrò imparare, per ora mi devo fermare a pensare. Sono davanti ad un gradone, faccio mente locale su quanto ha detto Alabastro: ”Op, op gaS ecc.ecc.” ma chiaramente non funziona e la moto si ferma in salita. Sgaso da paura pensando ai centoquaranta euri spesi per le gomme nuove.
La mulattiera da bagnata si rivela essere un vero casino. Lo sapevo. Io ci provo ma all’ultimo pietrone mi fermo e devo scendere dalla moto per spingerla. È talmente viscido che faccio fatica a stare in piedi. Sposto la moto indietro buttandola in terra e la giro verso valle. Quando ci risalgo con l’idea di tornare indietro mi fermo.
No, non posso rinunciare, devo riprovare. Rigiro la moto: ”Op, Op, viaaaaaaaa”. Quando è il momento d’aprire la manetta io mi cago letteralmente addosso parzializzando il gas fino a quasi chiuderlo totalmente nella speranza di rimanere in piedi. Ma così non è, cado inesorabilmente lanciado il “mutur” a terra.
Decido di desistere. Ci tornerò, ma non oggi. È sempre più buio, comincio a temere che il mio test in fuoristrada debba essere rimandato e la cosa non mi piace per nulla. Non rinuncio e prendo la strada conosciuta. Alla fine arriverò nel piccolo percorso tortuoso e estremamente infangato che volevo percorrere inizialmente, ma naturalmente ci arriverò al buio, stanco come un somaro e sudato come una latrina.
La mia gita in questo luogo durerà circa una mezz’oretta. Ormai sono circa le 19, è buio pesto, ma lo spettacolo di Firenze illuminata a festa di cui si può godere da questo tratto di collina merita appieno la fatica fatta per arrivare fin qui.
Torno a casa: sono felice come una pasqua. Non ho percorso il tratto impestato suggeritomi da Alabastro ma lo farò. Ho guidato e mi sono divertito nei primi metri in fuoristrada smaialando per bene la moto. Mi sono divertito da morire. Bene, ho capito che per ora con questo DRZ non sono capace di andare dove vanno gli uomini duri, ma dove godono i maiali sono perfettamente a mio agio.