Filmografia IRAN

December 30th, 2009

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Un uomo ha deciso di darsi la morte e cerca qualcuno che, dietro compenso, gli dia una mano. Due giovani, un soldato curdo e un seminarista afgano, rifiutano la sua proposta. Un anziano contadino di origine turca cerca di dissuaderlo, ma l’accetta. Finale in sospeso, con una sorta di “postscriptum” metacinematografico che, come in altri film di A. Kiarostami, sottolinea la finzione del racconto. Sembra un film monocorde e cupo e forse lo è. Ma che leggerezza, che trasparenza, che intensità. Semplice come il sapore della ciliegia. Per chi sappia ascoltarlo questo film sul suicidio ispira una serenità disperatamente laica. Palma d’oro ex aequo al Festival di Cannes 1997.

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Teheran. Una gioielleria dei quartieri alti. Hussein, per vendicarsi del padrone che lo ha umiliato, lo uccide. Poi si toglie la vita. Qualche giorno prima Hussein, insieme al suo amico Ali, fratello della sua fidanzata, spinti dalla curiosità, avevano tentato di accedere alla gioielleria per ritirare una preziosa collana grazie a una ricevuta contenuta in una borsa trovata per strada. A causa del loro aspetto miserevole gli era stato proibito l’ingresso nel negozio, per cui ritentano, inutilmente, dopo aver indossato abiti più eleganti. Arrabbiato e umiliato, Hussein passa l’ennesima serata a consegnare pizze con la sua moto nei quartieri ricchi della città, che conosciamo attraverso le sue avventure. L’onnipresente ipocrisia del sistema in cui vive l’opprime sempre più e lo spinge, disperato, a compiere il gesto estremo…

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Facendosi passare per il noto regista iraniano Mohsen Makhmalbaf, un povero disoccupato circuisce una ricca famiglia borghese. Smascherato, al processo si dichiara pentito e viene perdonato. A poche settimane di distanza dagli avvenimenti, A. Kiarostami ricostruì e filmò la vicenda con i suoi protagonisti veri. Il processo per truffa diventa un’arringa per il diritto alla finzione e il riconoscimento del bisogno di essere un altro. Il regista gioca a fare del documentario con la finzione e della finzione con il documentario. “La vicenda si svolge prescindendo da me. Più che negli altri miei, la realtà contenuta in questo film ne fa un caso a parte” (A. Kiarostami).

I canti khoomei

December 30th, 2009

Aldyn-ool_SevekCome in tutte le società nomadi e pastorali, il canto occupa una posizione molto importante. I pastori cantano quando cavalcano nelle steppe sconfinate, quando portano il bestiame al pascolo; si canta inoltre  non solo in occasioni particolari, durante le celebrazioni festive o le riunioni con amici e parenti, ma anche durante le attività quotidiane.

I temi trattati nella musica trovano origine nel profondo ed antico rapporto tra uomo e natura. Da migliaia di anni, si canta in Mongolia il khoomei (“faringe”), ossia il canto difonico. E’ un canto in cui si possono distinguere due suoni di diversa altezza eseguiti contemporaneamente da una sola persona.

Il khoomei è costituito da un suono nasale e da un insieme di suoni acuti. I suoni emessi sono molto emozionanti, il canto lungo propriamente detto diviene il simbolo dell’infinito; la voce esprime l’emozione del cantante per mezzo di virtuosismi e improvvisazioni, all’interno di un repertorio sacro e filosofico. La musica rappresenta simbolicamente le montagne, le steppe, le foreste, i laghi.

In rete sono disponibili molti esempi di questa emozionante arte, ecco di seguito alcuni mp3 reperiti su wikipedia.

SYGYT

KHOOMEY

KARGYRAA

EZENGILEER

BORBANNADYR