Prima della fine … Un anno di Africa Twin

Un anno o poco più. Tanto è passato dal giorno in cui la Regina è entrata a far parte della mia vita. Lei, regale due ruote dall’età ormai non più tenera, ha bruciato tutte le tappe che l’hanno condotta al mio cuore. Le ha percorse in modo irruento, intromettendosi nel mio quotidiano e cancellando in modo indelebile un recente passato motociclistico poco fortunato.

Fu un amore a prima vista quello iniziato tra noi due, un momento intenso vissuto tra le fredde mura di un concessionario. Sapevo che lei era li, l’avevo letto tra le pagine di una rivista d’usato, una sorta di giornale per cuori solitari. E’ passato più di un anno, ma è impossibile dimenticare i momenti del nostro primo incontro.

Entro nel locale con il battito cardiaco accelerato e con l’ascella pezzata da sudori freddi e maleodoranti: “Mio Dio, è il primo appuntamento e sono reduce da un abbandono, non nascondo la paura, ma così farò una figura di cacca con lei, cazzo puzzo di muffa!”. Tento di non pensarci, e cerco con lo sguardo la sagoma bianca della mia compagna senza però vederla. Attorno a me solo giovani e coloratissime motociclette con vestiti di plastica simili a gioielli di bigiotteria, di lei non c’è traccia.

Inizio a preoccuparmi; che mi abbia già tradito per un altro? Non voglio crederci. Guardo verso il fondo della sala e nascosta dietro ad una lunga fila di mezzi decisamente più recenti vedo spuntare una macchia dal colore familiare. E’ lei. Mi avvicino lentamente, facendomi largo tra manubri e carene luccicanti finché la raggiungo.

E’ sistemata in modo raffazzonato e dimesso, si fa davvero fatica a vederla, sembra tenuta nascosta come un anziano dimenticato dai figli. Che tristezza! Al suo fianco altri vecchi mezzi, perlopiù scooter a due tempi grondanti d’olio bruciato tra cui un Ciao e una Califfone a marce.

Ma non importa, appena mi trovo al suo cospetto tutto ciò che ci sta attorno sparisce, siamo improvvisamente soli, io e lei. I suoi grandi occhi mi infiammano il cuore, appena alzo i miei per guardarla mi abbagliano, faccio fatica a sostenere il suo sguardo, è così carismatica. La sua livrea dal profumo Sahariano fa emergere la sua regalità, ma lei non se la tira, non le interessa fare la prima donna e questo mi mette a mio agio e così iniziamo a scambiarci piccoli gesti d’amore.

E’colpo di fulmine. Una tranvata pesantissima, di quelle che se la storia va male ci rimani secco, come quando ho scoperto – non molti anni fa – che per pagare il mutuo bisogna lavorare, una bella sfiga.

Tornato improvvisamente nel mondo reale e riapparse tutte le moto del salone mi reco dal venditore a contrattare questo matrimonio, la mia dote sono mille e cinquecento euro e a lui bastano. Per farmi credere che mi sta facendo un regalo si mette a raccontarmi delle favole sulla storia della mia lei, storie assurde, manca poco e mi racconta che è vergine: Pochissimi chilometri, un solo proprietario – poi rivelatesi cinque – una manutenzione maniacale, mai fatto fuoristrada – ma stranamente su di lei troneggiava un vecchio adesivo de I Polverosi. Io ascoltavo, ma la sua voce mi entrava da un orecchio e usciva dall’altro, ero troppo impegnato a puntare gli occhi verso il fondo del salone da dove lei continuava a cercare il mio sguardo.

Faccio tutto il possibile per portarla via velocemente da quel posto, non riuscivo a dormire sapendola abbandonata e privata delle attenzioni di cui necessitava e, fortunatamente, non ci volle molto per averla.

La portai a casa priva di qualsiasi “garanzia” – per quello c’era il suo DNA così il nostro amore inizia il suo corso e percorro i miei primi passi con lei, prima piccoli poi sempre più lunghi, insieme siamo stati in Russia, in Tunisia, in Marocco.

Oggi, mi rendo conto che lei da quando è nelle mie mani ha compiuto i suoi primi sessantamila chilometri e chissà a quanti realmente ammontano quelli spinti dal suo motore. Di modifiche ne ha subite parecchie, al punto che è davvero poco riconoscibile rispetto a com’era quel giorno di Luglio in cui la portai a casa. Sono stati chilometri intensi, avvincenti e carichi di emozioni quelli percorsi con la Regina, il cui fascino, ha contribuito a motivarmi alla scrittura di un Libro che parla appunto di uno di questi viaggi. Un’esperienza che seppur non priva di difficoltà mi ha ancora più avvicinato a lei: I momenti difficili uniscono.

Cambi olio, filtri, candele, pulizie del carburatore, lubrificazioni varie, tutte le opere della sua manutenzione le ho portate avanti da solo, sono troppo geloso della mia amata. Ma, come tutti gli amanti, anche io, forse accecato dall’amore che provavo per lei, non mi rendevo conto del dolore che la mia Regina iniziava a portare dentro di se. Forse inconsciamente volevo allontanare questa verità, allontanare una malattia, non pensarci… ma i conti con la realtà, alla fine bisogna sempre farli, inutile scappare, sarebbe troppo facile.

Basta coprirsi gli occhi, è ora di aprirli, era un po’ di tempo che non sentivo più ruggire con la precisione cui mi aveva abituato il motore della mia Africa e, ancor peggio, era qualche giorno che all’improvviso uno dei due cilindri smetteva di fare il suo dovere rendendo la moto una sorta di trattore scarburato.

Non potevo più resistere alla tortura di sentire il mio bicilindrico Giapponese emettere tali rumori sgraziati, intermittenti flatulenze senza nessun ritmo, imbarazzanti peti che prima d’ora Lei non mi aveva mai fatto udire. Una sera, colto dalla disperazione e dalla preoccupazione per la sua salute la porto a casa di un amico, Luca, anche lui da poco innamorato di una delle sorelle della mia Regina.

Luca è famoso per la sua indiscussa supremazia e bravura nel pulire ogni più piccola vite di qualsiasi oggetto meccanico gli capiti a tiro. Lui è l’uomo che fa al caso mio. Nel suo Box smontiamo la mia amata in piccole parti, tante delle quali per me non hanno un significato particolare: Per me meno pezzi ci sono su una moto e meglio è. Prima che arrivi lo sconforto alla vista del mio amore smembrato sul pavimento del box di Luca risistemiamo i pezzi pulendoli, sostituendoli, rifacendoli da zero, un’operazione chirurgica degna del Dr. Frankenstein, il Junior naturalmente, non l’originale.

Nell’arco di qualche ora, ormai a notte fonda, abbiamo la moto nuovamente pronta per essere riaccesa. Dallo sguardo di Luca mi rendo conto che anche lui è stupito della velocità con cui abbiamo risistemato tutto. Funzionerà ancora? L’unica cosa certa è che prima andava.

Tento di riaccendere il motore e questo parte preciso e rotondo alla prima pressione del bottone rosso, è già una piccola vittoria. Io e Luca ci scambiamo saluti di trionfo come giocatori di Football Americano a fine partita, accenniamo anche una piccola danza degli All Black, ma non basta, devo verificare che ora Lei sia tornata al suo splendore e soprattutto che abbia smesso di emettere quei piccoli ma orrendi peti.

Torno verso casa prestando particolare attenzione ad ogni piccolo sussulto del suo cuore, uso le mie orecchie come uno stetoscopio e non sento nessun rumore molesto provenire dall’intestino della mia amata motocicletta. Cerco di carpire qualche segno di miglioramento nelle sue prestazioni, ma forse a causa della mia scarsa sensibilità non posso che constatare che Lei è come prima. Non scoreggia più, questa è un buon segno, ma ci sono sempre gli scoppietti, il funzionamento un po’ irregolare, tutti segni che la mia bella ha ancora bisogno di aiuto. Il mio cuore è così in frantumi, neanche la gita dal Re della Pulizia è servita.

La mattina successiva mi decido, la devo portare da uno specialista, da solo non ce la posso fare a riportare la mia bella ai fasti di un tempo, questo male sembra essere troppo grave per essere curato con i miei rimedi “folcloristici”, dove non arriva il mio amore speriamo arrivi la medicina.

Accompagno la Regina dal miglior specialista, a Milano da Furius la cui esperienza sui bicilindrici delle Africa Twin è ormai leggendaria. Si narra che lui abbia resuscitato le moto vincitrici della Dakar dopo che i Giapponesi della Honda le avevano messe sotto pressa. Voci incontrollate descrivono l’epica impresa dei meccanici di OnlyBike intenti a “Pistonare” il motore di una vecchia Regina facendogli raggiungere potenze nominali simili a quelle del modulo di allunaggio Apollo. Pizzini sparsi su internet vociferano di una loro collaborazione segreta con l’Honda per il progetto Africa Twin Revenge: Una bicilindrica di 150 Kg di peso, cinquantasei litri di serbatoio, sospensioni che la mettono a suo agio sia su un triplo in una pista da cross che in uno spostamento autostradale con valige e fidanzata al seguito. Fantascienza per noi umani ma normalità per OnlyBike.

Arrivo nella sala d’aspetto del Doctor e sono accolto da Furius, uomo dal manico inaudito appassionato oltre che di Africa Twin anche di HP2. Ne possiede una Pompatissima che ora sta lì parcheggiata a fianco della mia Regina malmessa. Il contrasto è fortissimo, una giovane e forte, l’altra vecchia e malata. Ma non basta, il coltello è rivoltato ulteriormente nella piaga nel momento in cui mi accorgo che nel negozio ci sono due Africa Twin reduci dal Rally dei Faraoni, una è proprio quella di Furius, l’altra è quella di Catanese. Sono bellissime, e la mia regina sembra più stanca di loro, eppure il Faraoni non l’ha fatto.

Passano pochi giorni, la Regina è in cura e io sono abbastanza tranquillo, ci rimango finché non mi arriva una telefonata che mi fredda, è il Doctor e le sue poche parole mi fanno ripercorrere mentalmente in stile cinematografico tutto l’ultimo anno trascorso con Lei.


-           “Simone, è meglio che vieni qua, la situazione è critica”.

 

Capirete bene che sentendomi dire questa frase mi sento sull’orlo della Death. Mi sento gettato come spazzatura nel sacco nero. Sono calato improvvisamente in un tetro dramma dove il lieto fine sembra un lontano miraggio. Che il nostro amore debba essere spezzato così all’improvviso? Le cose non sembrano mettersi per il meglio.

            Non faccio passare molto tempo e mi ritrovo la sera stessa nello studio del Doctor e rimango stupito nel vedere la mia bella pronta per essere riportata a casa. Non so perché ma mi aspettavo di vederla fatta a fette sul bancone dell’officina: Smembrata come carne da macello, pronta per essere buttata al macero nell’attesa di un’inevitabile eutanasia che le avrebbe evitato ulteriore sofferenza. Invece no, è lì, e mi pare più bella che mai. Ma allora? Quella telefonata? E’ stata un sogno? Paura? Cosa?

            Chiedo lumi e il responso è il seguente: Centraline, carburatori, valvole e diversi piccoli accorgimenti all’impianto di alimentazione. Oddio, non è poca roba, o meglio si tratti di tutte quelle cianfrusaglie che generalmente non tocco per paura di fare danni. Comunque, allora non è morta c’è ancora qualche speranza di poterla cavalcare per altre migliaia e migliaia di chilometri.

 

-           “Vero?” Chiedo al Doctor, ansioso di sentire un Si.

-           “Certo, questa è una Regina, mica una due ruote qualunque”.

-           E secondo me sta pensando “Se non era una Regina, in mano tua, di quella che era una moto ne rimarrebbe ben poco”.

-           “Ok, procedete pure con l’intervento! Non fatele troppo male però!”

 

E me ne vado donandole una carezza.

 

Non passa troppo tempo e sono pronto per andare a riprendermi la moto.

L’accendo con una certa ansia, che rumore farà? Si sarà ripresa dall’intervento? La risposta è si, ma non solo, il Furius ha fatto un lavoro coi fiocchi, la mia regina non è mai andata così, neanche il giorno in cui la riportai a casa. L’operazione è andata bene, siamo fuori pericolo, il nostro amore potrà continuare ancora a lungo.

Ora chi glielo dice che le aspetta la Twin Hells con gli Al Quaida Brothers?

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